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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Cicerone
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Della divinazione, II, 126
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originale
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126 Illud etiam requiro, cur, si deus ista visa nobis providendi causa dat, non vigilantibus potius det quam dormientibus. Sive enim externus et adventicius pulsus animos dormientium commovet, sive per se ipsi animi moventur, sive quae causa alia est cur secundum quietem aliquid videre, audire, agere videamur, eadem causa vigilantibus esse poterat; idque si nostra causa di secundum quietem facerent, vigilantibus idem facerent, praesertim cum Chrysippus Academicos refellens permulto clariora et certiora esse dicat quae vigilantibus videantur quam quae somniantibus. Fuit igitur divina beneficentia dignius, cum consulerent nobis, clariora visa dare vigilanti quam obscuriora per somnum. Quod quoniam non fit, somnia divina putanda non sunt.
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traduzione
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126 Un'altra cosa vorrei sapere: se la divinit? ci manda queste visioni per il nostro bene, perch? non ce le manda mentre siamo svegli, non mentre dormiamo. O che un impulso esterno ed estraneo ecciti le anime dei dormienti, o che le anime si eccitino da s?, o che vi sia qualunque altra causa che ci dia l'impressione di vedere, udire, fare qualcosa durante il sonno, la medesima causa poteva valere riguardo a noi durante la veglia; e se gli d?i facessero ci? per il nostro bene mentre dormiamo, farebbero altrettanto mentre siamo svegli, tanto pi? in quanto Crisippo, polemizzando contro gli accademici, dice che sono molto pi? chiare e sicure le cose da noi viste in stato di veglia che quelle che ci appaiono in sogno. Sarebbe stato quindi pi? degno della bont? divina - se davvero gli d?i intendessero con questo mezzo curarsi di noi - inviare visioni pi? chiare a chi ? sveglio, non pi? oscure a chi dorme. Ma siccome ci? non accade, i sogni non sono da considerare di origine divina.
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